giovedì 21 aprile 2011

Le mani per parlare

Sto imparando a conoscere il mondo, l'universo circostante e limitato che ruota attorno al mio sguardo, con i miei occhi mobili. Seguo oggetti che si spostano davanti a me, afferro visi, decifro risposte. Tasto con le mani, graffio con le unghie, stringo con le dita: prendo.
Prendo pezzi di mondo e li tengo stretti con tutta la mia piccola forza. Emetto sillabe che si uniscono alle cose: parole che prendono forma...la forma che poco prima apparteneva agli oggetti soltanto.
Distendo le braccia, muovo le mani, articolo le dita: anche questo è un modo di parlare.  

mercoledì 20 aprile 2011

Quando parlo, domando una risposta

Adesso, quando parlo, domando una risposta.
Anche se non vuol dire niente, anche se chi mi sta davanti non ha capito e se, al limite, dovesse rispondere, al mio verso, con un suo verso.
La stessa intonazione, la stessa frequenza, la stessa durata: è così che un verso diventa parola.
Ed è così che più versi divengono dialogo.
Mi accontento di questo, per ora: del concerto di poche sillabe.

martedì 5 aprile 2011

In che tempo ci incontriamo io e papà?

E se il presente abitasse nel passato...allora in quel presente-passato saremmo soli, nella sola compagnia di persone che non ci sono più.
Papà e il suo presente assente, io e il mio presente senza tempo. Papà e i suoi oggi fluidi: passaggi che scorrono dal passato al futuro, saltando, come fa una cascata, ogni presente. Io e tutti i miei secondi: la fila degli istanti, la processione dei minuti, ogni momento che va via, ma che resta...anche.
Se le cose stanno così, in che tempo ci incontriamo io e papà?
Io non ho una storia, non ho un trascorso, non ho memoria. E non immagino neanche di avere un futuro, non so se esista il domani, né che domani sarà un altro giorno.
Per me, passato e futuro sono una parola sola: il presente. Un tempo senza durata, ma non per questo eterno.
Un tempo che assomiglia a un orologio fermo, senza lancette.